Issipile, Torino, Reale, 1757

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
  Luogo rimoto fra la città e la marina, adorno di cipressi e di monumenti degli antichi re di Lenno.
 
 LEARCO con due pirati suoi seguaci e poi TOANTE
 
 LEARCO
 Ogni nostra speranza
 fu vana, amici. Alle più belle imprese
785la fortuna si oppone. Andate e sia
 ciascun pronto a partir. Ma veggo o parmi?...
 Sì; Toante s'appressa e solo ei viene (Partono i pirati)
 per queste vie romite.
 Facciam l'ultima prova. Amici, udite. (Tornano i pirati, a’ quali tratti in disparte Learco parla in voce sommessa)
 TOANTE
790Nelle tessale tende
 restar dovrei ma voi non tollerate,
 affetti impazienti.
 LEARCO
                                    (Udiste? Andate). (a’ pirati che partono)
 TOANTE
 Sollecito, dubbioso
 palpito, non ho pace. Ogni momento
795qualche nuncio funesto
 temo ascoltar. Per questa
 più solitaria parte
 alla reggia n'andrò. (In atto di partire)
 LEARCO
                                       (Learco all'arte).
 Signor, soffri al tuo piede (Se gl’inginocchia innanzi)
800il vassallo più reo...
 TOANTE
                                      Tu vivi! Oh numi!
 Sei Learco o nol sei?
 LEARCO
                                        Learco io sono.
 TOANTE
 Che pretendi da me?
 LEARCO
                                          Morte o perdono.
 TOANTE
 Traditor, non offrirti
 al mio sguardo mai più. (In atto di partire)
 LEARCO
                                               Sentimi e poi (S’alza e lo siegue)
805discacciami se vuoi.
 TOANTE
                                       Non sai qual pena,
 perfido, a te si serba in questo lido?
 LEARCO
 La morte io meritai,
 signor, quando tentai
 Issipile rapir. Ma se non trova
810pietà nel mio regnante
 un giovanile errore
 che persuase amore,
 che 'l rimorso punì, si mora almeno
 nel paterno terreno. Un lustro intero,
815sempre in clima straniero,
 rammingo, pellegrino,
 scherzo di reo destino,
 vivo in odio alle stelle, in odio al mondo;
 e quel che più m'affanna,
820vivo in odio al mio re. Grave a me stesso
 la stanchezza mi rende
 e 'l tedio di soffrir. De' mali miei
 il più grande è la vita; e chi dal seno
 lo spirto mi divide
825è pietoso con me, quando m'uccide.
 TOANTE
 (Quel disperato affanno
 scema l'orror della sua colpa antica).
 LEARCO
 (Quanto tarda a venir la schiera amica!) (Impaziente verso la scena)
 TOANTE
 Da' tuoi disastri impara
830a rispettar, Learco,
 in avvenir la maestà del trono.
 Riconsolati e vivi. Io ti perdono. (In atto di partire)
 LEARCO
 Ah signor! Tu mi lasci
 dubbioso ancor, se un più sicuro pegno
835non ho di tua pietà.
 TOANTE
                                       Dopo il perdono,
 che di più posso darti?
 LEARCO
 La tua destra real.
 TOANTE
                                    Prendila e parti.
 LEARCO
 O de' numi clementi (Va allungando queste parole per dar tempo che giungano i compagni)
 pietoso imitator, questo momento
840di tutti mi ristora
 gli affanni che passai. (Né giunge ancora!)
 E dubbioso e tremante
 eccomi alle tue piante... E in umil atto... (Mentre vuole inginocchiarsi e prender la mano al re, escono i corsari armati che circondano Toante)
 TOANTE
 Qual gente ne circonda!
 LEARCO
                                              Il colpo è fatto. (Lascia la mano di Toante, sorge ed abbandona l’affettata umiltà da lui finta finora)
845Cedimi quella spada. (A Toante)
 TOANTE
                                           A chi ragioni?
 LEARCO
 Parlo con te.
 TOANTE
                          Meco favelli? Oh dei!
 Come...
 LEARCO
                  Non più. Mio prigionier tu sei.
 TOANTE
 Qual nera frode!
 LEARCO
                                 Alfine
 cadesti ne' miei lacci. Arbitro io sono
850de' giorni tuoi. Soffrilo in pace. Il mondo
 varia così le sue vicende e sempre
 all'evento felice il reo succede.
 Or tocca a te di domandar mercede.
 TOANTE
 Scellerato!
 LEARCO
                       Toante,
855cambia linguaggio. Un grande esempio avesti
 di prudenza da me. Supplice, umile
 parlai finora. È l'adattarsi al tempo
 necessaria virtù. Pendon quell'armi
 dal mio cenno; e poss'io...
 TOANTE
                                                 Che puoi tu farmi?
860Puoi togliermi l'avanzo
 d'una vita cadente
 che mi rese molesta
 degli anni il peso e degli affanni miei.
 LEARCO
 Anch'io dissi così; ma nol credei.
 TOANTE
865V'è però gran distanza
 dal mio core al tuo cor.
 LEARCO
                                            Fole son queste.
 Ogni animal che vive
 ama di conservarsi. Arte, che inganna
 solo il credulo volgo, è la fermezza
870che affettano gli eroi ne' casi estremi.
 Io ti leggo nell'alma e so che tremi.
 TOANTE
 Tremerei, se credessi
 d'esser simile a te, che avrei sugli occhi
 l'orror di mille colpe; e mi parrebbe
875sempre ascoltar che mi stridesse intorno
 il fulmine di Giove,
 punitor de' malvagi.
 LEARCO
                                        A questo segno
 non è l'ira celeste
 terribile per me.
 TOANTE
                                  Fole son queste.
880Tranquillo esser non puoi.
 So che nasce con noi
 l'amor della virtù. Quando non basta
 ad evitar le colpe,
 basta almeno a punirle. È un don del cielo
885che diventa castigo
 per chi n'abusa. Il più crudel tormento,
 che hanno i malvagi, è il conservar nel core,
 ancora a lor dispetto,
 l'idea del giusto e dell'onesto i semi.
890Io ti leggo nell'alma e so che tremi.
 LEARCO
 Questo de' cori umani
 saggio conoscitor traete, amici,
 prigioniero alle navi. E tu deponi
 quell'inutile acciaro. (A Toante)
 TOANTE
895Prendilo, traditor. (Getta la spada)
 LEARCO
                                     Dovresti ormai
 quest'orgoglio real porre in obblio.
 Toante è il vinto. Il vincitor son io.
 TOANTE
 
    Guardami prima in volto,
 anima vile, e poi
900giudica pur di noi
 il vincitor qual è.
 
    Tu libero e disciolto
 sei di pallor dipinto;
 io di catene avvinto
905sento pietà di te. (Parte fra i pirati)
 
 SCENA II
 
 LEARCO e poi RODOPE
 
 LEARCO
 E pur quel regio aspetto,
 quel parlar generoso... Eh non si pensi
 che al piacer d'un acquisto
 che può farmi felice.
 RODOPE
                                        Oh dio! Learco. (Spaventata)
 LEARCO
910Qual è del tuo spavento,
 Rodope, la cagion?
 RODOPE
                                     Quindi non lunge
 stuol di gente straniera al mar conduce
 Toante prigioniero. Ah se ti resta
 qualche scintilla in seno
915di virtù, di valore, ecco il momento
 di farne prova. Ogni delitto antico
 puoi cancellar, se vuoi. Puoi del tuo nome
 la memoria eternar.
 LEARCO
                                        Gran sorte! E come?
 RODOPE
 Va', combatti, proccura
920di liberar Toante. Offri la vita
 a pro del tuo monarca. O vinci o mori.
 Emendi un atto grande
 ogni fallo passato;
 e mi tolga il rossor d'averti amato.
 LEARCO
925Generoso è il consiglio e per mercede
 merita un disinganno. È mio comando
 di Toante l'arresto. Alla superba
 Issipile ne reca
 la novella, se vuoi. Dille che meno
930i deboli nemici
 s'avvezzi a disprezzar. Basta sì poco
 per nuocere ad altrui che in umil sorte,
 che oppresso ancora ogni nemico è forte.
 
    Dille che in me paventi
935un disperato amor;
 dille che si rammenti
 quanto mi disprezzò.
 
    E se per queste offese
 mi chiama traditor,
940dille che tal mi rese
 quando m'innamorò. (Parte)
 
 SCENA III
 
 RODOPE e poi ISSIPILE
 
 RODOPE
 E tanta si ritrova
 malvagità fra noi? Misera figlia!
 Principessa infelice! A tal novella
945qual diverrai!
 ISSIPILE
                             Son terminati, amica,
 tutti gli affanni nostri. È stanco il cielo
 di tormentarne più. Vinse di Lenno
 le fiere abitatrici
 il mio sposo fedel. Palese a lui
950è l'innocenza mia. Sicuro il padre,
 noi vincitrici, ogni discordia tace;
 tutto è amor, tutto è fede e tutto è pace.
 RODOPE
 Ma Toante però...
 ISSIPILE
                                   Toante aspetta
 nelle tessale tende
955di Giasone il ritorno.
 RODOPE
                                         Ah fosse vero!
 ISSIPILE
 Perché? Parla.
 RODOPE
                             Toante è prigioniero.
 ISSIPILE
 E di chi?
 RODOPE
                    Di Learco.
 ISSIPILE
                                         Onde il sapesti?
 RODOPE
 Fra' seguaci dell'empio
 avvinto l'incontrai.
 ISSIPILE
                                     Ma quali sono
960di Learco i seguaci?
 RODOPE
 Gente simile a lui.
 ISSIPILE
                                     Numi del cielo,
 a che mai di funesto
 mi volete serbar? Che giorno è questo!
 
 SCENA IV
 
 GIASONE con argonauti e dette
 
 GIASONE
 Issipile mio ben, qual nuovo affanno
965oscura i lumi tuoi?
 ISSIPILE
                                     Sposo adorato,
 opportuno giungesti. Ah! Puoi tu solo
 consolarmi, se voi. Corri... Difendi...
 Abbi pietà di me.
 GIASONE
                                   Spiegati. Ancora
 intenderti non so.
 ISSIPILE
                                    Toante... Il padre...
970Learco... Ah! Mi confondo.
 RODOPE
                                                  Al mar conduce
 il traditor Learco
 incatenato il re.
 GIASONE
                                L'istesso è forse...
 ISSIPILE
 Sì, quel Learco istesso
 che te dal sonno oppresso
975svenar tentò; ma trattenuto, almeno
 funestar co' sospetti
 volle la nostra pace.
 GIASONE
                                      Anima rea!
 ISSIPILE
 Principe generoso, ecco un'impresa
 degna di te. Tu conservar mi puoi
980il caro genitor. Perdi la sposa,
 se lui non salvi. È ad un sol filo unita
 la vita di Toante e la mia vita.
 GIASONE
 Lasciami il peso, o cara,
 di punire il fellon. Ma tu rasciuga
985le lagrime dolenti. Al mio coraggio
 è troppo gran periglio
 il vederti di pianto umido il ciglio.
 
    Care luci che regnate
 sugli affetti del mio cor,
990non piangete, se volete
 ch'io conservi il mio valor.
 
    Tal pietà se in me destate
 con quel tenero dolor,
 non m'avanza più costanza
995per vestirmi di rigor.
 
 SCENA V
 
 RODOPE, ISSIPILE
 
 RODOPE
 Ma troppo, o principessa,
 t'abbandoni al dolor. Sempre la sorte
 non ti sarà severa;
 di Giasone al valor fidati e spera.
 ISSIPILE
 
1000   Ch'io speri? Ma come?
 Se nacqui alle pene,
 se un'ombra di bene
 non vidi finor?
 
    Ognor doppio affanno
1005mi trovo nel petto;
 v'è quello che provo,
 v'è l'altro che aspetto;
 e al pari del danno
 m'affligge il timor. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 RODOPE ed EURINOME
 
 RODOPE
1010Io mi perdo in sì grande
 numero di sventure.
 EURINOME
                                        Il figlio mio,
 Rodope, dove andò?
 RODOPE
                                        Pensa, inumana,
 pensa a te stessa. Al vincitor t'ascondi,
 se t'è cara la vita.
 EURINOME
                                  Io non la curo,
1015se non trovo Learco.
 RODOPE
                                       Un nome obblia
 ch'odio è del mondo e tua vergogna e mia.
 EURINOME
 Tanto sdegno perché? Tu lo salvasti...
 RODOPE
 E ne sento dolor.
 EURINOME
                                  Spero che sia
 simulata quest'ira. Un'altra volta
1020dicesti ancor che lo bramavi oppresso;
 e l'adoravi allor.
 RODOPE
                                Ma l'odio adesso.
 
    Odia la pastorella
 quanto bramò la rosa,
 perché vicino a quella
1025la serpe ritrovò.
 
    Né il vol mai più raccoglie
 l'augel tra quelle foglie
 dove invischiò le piume
 e appena si salvò. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 EURINOME sola
 
 EURINOME
1030Ah! Che cercando il figlio,
 me stessa perderò. Ma che mi giova
 senza lui questa vita? È reo Learco,
 lo so, ma l'amo. Ed i delitti suoi
 m'involano il riposo
1035ma non l'amor. Più cresce l'odio altrui,
 più mi sento per lui
 tutto il sangue gelar di vena in vena.
 Giusti dei, l'esser madre è premio o pena?
 
    È maggiore d'ogni altro dolore
1040quell'affetto che insana mi rende;
 né l'intende chi madre non è.
 
    Il periglio d'un misero figlio
 ho sì vivo nell'anima impresso
 che per esso mi scordo di me. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
  Lido del mare con navi di Learco e ponte per cui si ascende ad una di esse. Da un lato rovine del tempio di Venere, dall’altro avanzi d’un antico porto di Lenno.
 
 GIASONE, ISSIPILE, RODOPE, con seguito d’argonauti. LEARCO e TOANTE su la nave
 
 GIASONE
1045Issipile, respira;
 giungemmo il traditor. Compagni, in quegli
 insidiosi legni
 secondate i miei passi. Io chiedo a voi
 furore e crudeltà. S'ardan le vele,
1050si sommergan le navi. Orrida sia
 a tal segno la strage
 che appaia all'altrui ciglio
 di quel perfido sangue il mar vermiglio. (Learco comparisce su la poppa della nave, tenendo con la sinistra per un braccio l’incatenato Toante ed impugnando uno stile nella destra sollevata in atto di ferirlo)
 LEARCO
 Sì, ma quel di Toante
1055si cominci a versar.
 ISSIPILE
                                      Fermati.
 RODOPE
                                                         Indegno!
 GIASONE
 Qual furor ti trasporta?
 ISSIPILE
 Padre... Sposo... Learco... Oh dei! Son morta.
 LEARCO
 Issipile, che giova
 l'affliggersi così? Della sua vita
1060arbitra sei. Su questa nave ascendi
 sposa a Learco. Il mio costante amore
 premi la figlia; e 'l genitor non muore.
 ISSIPILE
 Che ascolto, o sposo!
 GIASONE
                                        E proferire ardisci
 il patto scellerato, anima rea?
1065Ah! Raffrenar non posso
 il mio giusto furor. (In atto di snudar la spada)
 ISSIPILE
                                      Pietà, Giasone. (Trattenendolo)
 L'empio trafigge il padre,
 se tenti d'assalirlo.
 GIASONE
                                     Ah! Ch'io mi sento
 tutte le furie in sen.
 LEARCO
                                       Vedi, o Toante,
1070quella tenera figlia
 come corre a salvarti. I suoi disprezzi
 paghi il tuo sangue. Ho tollerato assai. (In atto di ferire)
 ISSIPILE
 Eccomi, non ferir. (S’affretta verso la nave)
 TOANTE
                                     Figlia, che fai?
 Potesti a questo segno (Issipile si ferma)
1075scordarti di te stessa? Ah! Non credea
 che Issipile dovesse
 farmi arrossir. D'un talamo reale
 all'onor, non al letto
 d'un infame pirata io t'educai.
1080E divenir tu vuoi
 madre di scellerati e non d'eroi?
 ISSIPILE
 Dunque un'altra m'addita
 miglior via di salvarti.
 TOANTE
                                           Eccola. Intatto
 custodisci l'onor del sangue mio.
1085Non pensar che d'un padre
 già ti costi la vita; o te ne renda
 più gelosa custode un tal pensiero.
 Col tuo sposo fedele
 vivi e regna per me. Se a voi s'accresce
1090la vita che m'avanza,
 abbastanza regnai, vissi abbastanza.
 RODOPE
 Oh forte!
 GIASONE
                    Oh generoso!
 ISSIPILE
                                               E non ti muove
 tanta virtù, Learco?
 LEARCO
                                       Anzi m'irrita.
 ISSIPILE
 Dunque?
 LEARCO
                     Vieni o l'uccido.
 ISSIPILE
                                                    Ah! Questo pianto
1095ti faccia impietosir. Del mio rifiuto
 ti vendicasti assai. Basta, Learco,
 basta così. Non sei contento ancora?
 Vuoi vedermi al tuo piede
 miserabile oggetto in questo lido?
1100Eccomi a' piedi tuoi. (S’inginocchia)
 LEARCO
                                          Vieni o l'uccido.
 ISSIPILE
 Sì verrò, traditor. Verrò ma quanto
 d'orribile ha l'inferno (S’alza furiosa)
 meco verrà. Delle abborrite nozze
 fia pronuba Megera, auspice Aletto.
1105Io delle furie tutte,
 io sarò la peggior. Verrò, ma solo
 per strapparti dal seno,
 mostro di crudeltà, quel core infido.
 Scellerato, verrò.
 LEARCO
                                  Vieni o l'uccido. (Con isdegno in atto di ferire)
 ISSIPILE
 
1110   Eccomi, non ferir. (A Learco)
 Numi, pietà non v'è?
 Ricordati di me. (A Giasone)
 Morir mi sento.
 
    Ha ben di sasso il cor
1115chi senza lagrimar
 ha forza di mirar
 questo tormento. (Issipile piangendo s’incammina lentamente alla nave e va rivolgendosi a riguardar con tenerezza Giasone)
 
 GIASONE
 Sposa, così mi lasci? Empio. Vorrei...
 Fremo... Non ho consiglio...
1120Barbari dei!... (Mentre Giasone va smaniando per la scena, esce frettolosa Eurinome)
 
 SCENA IX
 
 EURINOME e detti
 
 EURINOME
                              Pur ti ritrovo, o figlio.
 LEARCO
 Salvati, o madre.
 GIASONE
                                  Ah scellerata! A caso (Trattiene Eurinome)
 qui non giungesti. Issipile, t'arresta.
 Guardami, traditor. Libero appieno
 rendi Toante o la tua madre io sveno. (Issipile si ferma a mezzo il ponte e Giasone impugnando uno stile minaccia di ferire Eurinome)
 LEARCO
1125Come!
 EURINOME
                Che fu?
 RODOPE
                                 Qual cangiamento!
 LEARCO
                                                                      In lei
 non punire i miei falli. Il tuo nemico
 son io, Giasone.
 GIASONE
                                Il mio furor non lascia
 luogo a consiglio. È mio nemico ognuno
 che te non abborrisce. È rea costei
1130di mille colpe; e se d'ogni altra ancora
 fosse innocente, io non avrei rossore
 d'averle ingiustamente il sen trafitto.
 L'esser madre a Learco è un gran delitto.
 RODOPE
 Confuso è l'empio.
 ISSIPILE
                                     Eterni dei, prestate
1135adesso il vostro aiuto.
 GIASONE
 Barbaro, non risolvi?
 LEARCO
                                         Ho risoluto;
 svenala pur. Ma venga
 e la legge primiera
 Issipile compisca.
 RODOPE
                                    Oh mostro!
 ISSIPILE
                                                           Oh fiera!
 GIASONE
1140A voi dunque, o d'Averno
 arbitre deità, questo offerisco
 orrido sacrificio.
 LEARCO
                                 (Io tremo).
 GIASONE
                                                        A voi
 di vendicar nel figlio
 della madre lo scempio il peso resti.
1145Mori infelice. (Mostra ferirla)
 LEARCO
                             Ah non ferir! Vincesti.
 RODOPE
 E pur s'intenerì.
 EURINOME
                                 Deggio la vita,
 caro Learco, a te.
 LEARCO
                                  Poco il tuo figlio,
 Eurinome, conosci. È debolezza
 quella pietà che ammiri,
1150non è virtù. Vorrei poter l'aspetto
 sostener del tuo scempio
 e mi manca valore. Ad onta mia
 tremo, palpito e tutto
 agghiacciar nelle vene il sangue io sento.
1155Ah vilissimo cor! Né giusto sei
 né malvagio abbastanza. E questa sola
 dubbiezza tua la mia ruina affretta.
 Incominci da te la mia vendetta. (Si ferisce)
 EURINOME
 Ferma. Che fai?
 LEARCO
                                 Non spero
1160e non voglio perdono. Il morir mio
 sia simile alla vita. (Si getta in mare)
 EURINOME
                                      Io manco. Oh dio! (Sviene ed è condotta dentro)
 RODOPE
 Oh giustissimo ciel!
 GIASONE
                                       Correte, amici,
 a disciogliere il re. (Gli argonauti corrono su la nave)
 ISSIPILE
                                      Sposo, io non posso
 rassicurarmi ancor.
 RODOPE
                                       Quante vicende
1165un sol giorno adunò!
 TOANTE
                                        Principe, figlia. (Scendendo dalla nave)
 ISSIPILE
 Padre.
 GIASONE
                Signor.
 ISSIPILE
                                Questa paterna mano
 torno pure a baciar. (Bacia la mano a Toante)
 TOANTE
                                        Posso al mio seno
 stringervi ancora. (Gli abbraccia)
 RODOPE
                                    I tollerati affanni
 l'allegrezza compensi
1170d'un felice imeneo.
 TOANTE
                                      Ma pria nel tempio
 rendiam grazie agli dei, che troppo, o figli,
 è perigliosa e vana,
 se da lor non comincia, ogni opra umana.
 CORO
 
    È follia d'un'alma stolta
1175nella colpa aver speranza;
 fortunata è ben talvolta
 ma tranquilla mai non fu.
 
    Nella sorte più serena
 di sé stesso il vizio è pena,
1180come premio è di sé stessa,
 benché oppressa, la virtù.
 
 IL FINE